L’allenamento è ovviamente un parte fondamentale di qualsiasi attività sportiva; è dove si pongono le basi per un corretto approccio alla competizione e ci si prepara ad essa sotto i singoli, diversi aspetti tipici di ogni disciplina. E’ una routine per sportivi di qualunque livello, tanto che diventa comune sottovalutare la sua importanza o non prestare attenzione ai principi teorici che ne sono alla base.
Il giocatore di calcio a cinque, in quanto sport particolarmente complesso, ha bisogno di sviluppare (e mantenere) qualità fisiche, tecniche e tattiche consone al livello a cui vuole praticare; in questa sede ci concentreremo più precisamente sugli aspetti fisico-atletici, che possono giocare un ruolo determinante sull’impatto di un giocatore sulla partita e al suo contributo alla vittoria della squadra. In questo ambito, si definisce l’allenamento come “l’insieme degli esercizi e delle metodiche eseguite al fine di migliorare la prestazione atletica”. Questo obiettivo si raggiunge grazie al fatto che il corpo umano ha una spiccata capacità di adeguarsi alle situazioni di stress e agli stimoli di qualsiasi natura, tra cui appunto anche quello dello sforzo fisico, e “reagisce” con una serie di modificazioni sia macroscopiche sia microscopiche. Tra queste ricordiamo l’aumento di volume dei muscoli (ipertrofia e iperplasia) così come della loro vascolarizzazione, l’incremento delle capacità fisiologica del cuore di pompare il sangue, così come quello dei volumi d’aria che i polmoni sono in grado di utilizzare; allo stesso modo, a livello biochimico/molecolare troviamo una maggiore efficienza dei sistemi energetici, della capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue, della capacità di resistenza alla fatica e all’incremento dei livelli di acido lattico nel sangue.
Trova quindi realizzazione pratica il principio, alla base della teoria dell’allenamento, definito dagli addetti ai lavori come “supercompensazione”. Se ad esempio una certa capacità prestativa (che sia forza, o velocità, o resistenza) è ad un livello A, dopo un intenso allenamento o competizione scenderanno ad un livello B, dove B è ovviamente inferiore ad A per via della fatica e dell’esaurimento delle riserve energetiche. Tuttavia, dopo un adeguato periodo di recupero e reintegro di nutrienti, la mia capacità passerà al livello C dove C è superiore ad A: proprio questa è la supercompensazione, ovvero il nostro corpo non si limita a ripristinare le condizioni pre-esistenti la situazione di stress fisico, bensì le migliora, tramite numerose modificazioni anatomo-fisiologiche tra cui quelle descritte sopra. E il ciclo può ovviamente ripetersi di nuovo. Uno degli esempi più classici è quello del glicogeno, una forma di “deposito” del glucosio (uno zucchero semplice alla base del metabolismo cellulare) presente naturalmente nei muscoli come riserva energetica, di pronta utilizzazione in caso di necessità. Dopo uno sforzo fisico intenso la quota di glicogeno nel muscolo si riduce notevolmente, in quanto è stato utilizzato per ricavare energia. Tuttavia, dopo il recupero ed il reintegro alimentare, la quota di glicogeno salirà ad un livello superiore a quello pre-esistente, permettendo al muscolo di resistere più a lungo nel prossimo sforzo fisico.
Un altro principio basilare dell’allenamento è quello della specificità: occorre ovviamente concentrarsi sulle qualità fisico-atletiche richieste dal proprio sport, tralasciando le altre, perchè possono rivelarsi inutili o addirittura dannose. Si pensi ad esempio ad un allenamento volto ad aumentare in maniera importante le masse muscolari corporee: può essere utile in altri sport, ma è controproducente in uno sport come il calcio a cinque che si basa, soprattutto ad alti livelli, su velocità, scatto, capacità di rapide esecuzioni tecniche in spazi brevi. Va da sè che un allenatore o preparatore atletico deve pertanto avere una profonda conoscenza del profilo funzionale del proprio sport. Ad esempio, il calcio a cinque è tipicamente uno sport che non può essere considerato aerobico, nè anaerobico, ma bensì misto in quanto entrambe queste componenti sono presenti e di grande importanza. I suoi praticanti dovranno quindi allenare la capacità aerobica, utile quando si devono sostenere sforzi prolungati (una partita dura sessanta minuti di gioco effettivo) ma anche quella anaerobica (tipica degli sforzi brevi e di intensità massimale) in quanto sono tipici di questo sport gli scatti bruschi, intensi, che sprigionino la massima velocità nel minor tempo possibile.
Terminiamo la pillola di oggi con un altro concetto di base, tra i più importanti ma allo stesso tempo tra i più “trasgrediti”, ovvero quello della gradualità.
L’intensità dell’allenamento deve essere progressiva, ma senza fretta di accelerare i tempi o con il desiderio di raggiungere livelli prestativi non compatibili con il proprio attuale livello di preparazione fisica. Una programmazione non ottimale degli allenamenti e dei tempi di recupero non consente all’atleta di ottenere i miglioramenti attesi, se troppo intensa può portarlo alla sindrome da Overtraining o anche aumentare il rischio di infortuni. Raccomandiamo sempre quindi di “ascoltare” il proprio corpo e rispettare i suoi limiti, nell’ottica di poter godere dei benefici di una sana e salutare attività sportiva.
Dott. Gianlorenzo Daniele
Specialista in Medicina dello Sport