Sport E’ Divertimento

Sport E’ Divertimento

 

 

 

 

 

 

Nonostante la mia formazione, mi capita ancora di cadere nell’errore della predica del “vedrai che in futuro ti servirà“.

Quando devo convincere i miei figli a fare i compiti e non ne hanno nessuna voglia o cominciano a farli, ma senza dedicarci impegno, mi parte spontanea la tiritera: “Se non fai il tuo dovere a scuola come potrai diventare un astronauta? Bisogna studiare per fare il lavoro che ti piace!” e così via…

E va a finire sempre nello stesso modo: al mio discorso rispondono con uno sguardo di insofferenza e l’ostinazione a non scrivere nulla sul quaderno.

Va a finire sempre così perché l’errore è il mio e mi scontro continuamente con una caratteristica dei bambini che è così e lo sarà ancora per diversi anni: i bambini fino all’età di 11 anni (circa) hanno un pensiero concreto. Quando fanno un’attività non è nella loro natura fermarsi a considerare le conseguenze a lungo termine, apprezzano e rispondono solo a eventi immediati. Parlare loro dell’importanza del sacrificio per ottenere benefici futuri è utile tanto quanto fare un buco nell’acqua.

Ma allora come possiamo motivarli a fare qualcosa che non vogliono fare ma che è importantissimo per il loro benessere e per la loro formazione? Ad esempio, come facciamo a far innamorare dello sport in modo che possano continuare a praticarlo a lungo, magari per tutta la vita?

L’attività sportiva dovrebbe partire avvantaggiata rispetto ad altre proposte che i bambini hanno a questa età (come la scuola) in quanto, in teoria, dovrebbe essere un’attività piacevole. Ma spesso si fa fatica a portare i bambini allo sport, o vediamo che non ci vanno con entusiasmo e con piacere, o che vogliono smettere dopo il primo momento di entusiasmo.

Per evitare l’abbandono sportivo dobbiamo motivarli facendo leva sul loro bisogno di movimento, la voglia di sentirsi competenti e soprattutto la motivazione a giocare e divertirsi.

I bambini a questa età (ma in fondo anche i ragazzi e gli adulti) hanno un immediato piacere nel giocare con gli altri. E’ per questo che se vogliamo una partecipazione costante e attiva dei bambini dobbiamo dar spazio negli allenamenti al gioco (e soprattutto al gioco tradizionale, situazione ottimale per sviluppare le capacità di risoluzione autonoma dei problemi, tanto utile negli sport situazionali come il calcio).

Far giocare i bambini durante l’allenamento non è quindi perdita di tempo o un attività che mettiamo lì cinque minuti per gratificarli, ma diventa il centro della seduta di allenamento, la cornice in cui inscrivere tutti i contenuti che si vogliono insegnare.

Ecco perché, ad esempio, trasformiamo il momento del riscaldamento nella rivisitazione di qualche famoso gioco di strada. Un conto è dire ai bambini: “Correte per tutto il campo cercando di riscaldarvi per bene” e un conto è trasformare il tutto in un gioco da guardie e ladri (nella scuola calcio a 5 Lorenzo Manuali, ribattezzato e modificato in “Volpi e contadini”). Il risultato? corrono ugualmente per tutto il campo e si riscaldano per bene (diciamo anche che sudano…giustamente…) e hanno un sorriso sul viso che è un piacere!

Divertimento non vuol dire fare l’attività nella confusione, non avere regole, ma inserire piacere e significato nel gesto che si chiede di fare. Velasco (allenatore di pallavolo e commissario tecnico della Nazionale argentina) durante un suo intervento ad una conferenza parla proprio della serietà del divertimento dei bambini, che quando sono presi in un’attività interessante e stimolante la seguono con maggior attenzione, con tutto il loro impegno traendo da essa quel piacere che li porta a perseverare nonostante l’obiettivo non sia sempre facile da raggiungere, che li porta a cercare altre strategie sempre più efficaci per rimuovere gli ostacoli che impediscono di giungere alla meta.

Spero che se qualcuno chieda ai nostri piccoli atleti perché vengono agli allenamenti possano rispondere, non che lo fanno perché fa bene alla salute o li fa diventare più competenti nei gesti motori (queste sono le nostre motivazioni, che sono vere, verissime, ma sono le nostre); spero che chi farà loro questa domanda possa sentire una sola risposta: che vengono alla Sportware perché qui ci si diverte.

Ed è questo che conta, tutto il resto viene di conseguenza.

Sabrina Monachesi – Psicologa dello Sport